19

Dec, 2024

Trasferire conoscenze, competenze, solidità ai figli di Prof. Franco Santamaria

By: | Tags: | Comments: 0

Il titolo del progetto è così ricco di suggestioni – sono i termini che lo compongono, al punto da stimolare un breve viaggio in compagnia delle parole che lo caratterizzano. È un viaggio per punti alquanto sintetici per ragioni di spazio, ma che spero ugualmente comprensibili.

Conoscenze (conoscere l’altro)

- La conoscenza dell’altro (del proprio figlio, del partner …. e forse anche di sé stessi) è una conoscenza sempre parziale, poiché nessuno può ritenere di sapere quali sono i sentimenti, le emozioni, i timori, le speranze etc. di un’altra persona. Se lo ritenesse è da ritenere una persona quanto meno supponente.
- È una conoscenza che è parte di un percorso che dura tutta la vita e che dovrebbe indurre in ciascuno di noi un atteggiamento di umiltà, intesa come consapevolezza della complessità del vivere, compreso il percorso di crescita dei propri figli.
- Conoscere vuol dire non fermarsi a una descrizione superficiale, ma cercare di comprendere l’altro, il suo punto di vista: è una conoscenza comprendente. Non significa giustificare, ma comprendere il suo punto di vista, le motivazioni del suo comportamento.

Competenze (abilità, capacità)

- È la dimensione importante del fare, del saper fare, che non può tradursi nell’attivismo, nel fare per il fare, poiché ciò equivale a sterilità sul piano apprenditivo. Necessita un fare accompagnato sempre da una riflessione, dal parlarne, dal confrontarsi, per aiutare il figlio a rendersi consapevole del suo agire e delle motivazioni che ne stanno alla base.

Solidità (robustezza, fondatezza)

- Il termine solidità richiama, oltre al dato fisico, fisiologico, la sua etimologia: dal latino solidus (in solido) che significa pagare il dovuto, creando così un legame di interdipendenza fra le persone. Da qui il termine solidarietà, una dimensione che l’art. 2 della nostra Costituzione reputa un dovere inderogabile sul piano sociale, civile, politico. Ma sembra che ce ne siamo dimenticati, a partire da coloro che hanno responsabilità a livello politico, dalla comunità locale a quella nazionale.

Trasferire (spostare da un luogo a un altro)

- È possibile trasferire qualcosa da una persona a un’altra, da un adulto a un ragazzo, da un genitore a un figlio?
- È possibile che l’apprendere (inteso come sinonimo di crescita, non come accumulo di nozioni) si identifichi nel trasferire nozioni, concetti, valori etc.?
- Possiamo essere indotti come adulti – ovviamente in buona fede – a pensare che così possa avvenire, dimenticando che è sempre lui/lei che apprende e che decide se apprendere o meno (a scuola, in famiglia …).
- Una metafora rende chiaro, credo, questo passaggio così importante. Possiamo immaginare che ciascuno di noi (ragazzi e adulti) si possa riconoscere in un castello medievale, quelle meravigliose costruzioni turrite di cui è ricco il nostro Paese. Il castello, con le sue mura difensive spesse, è immagine della nostra persona e delle strategie di difesa, mirate a salvaguardare la nostra integrità fisica, la nostra storia, il nostro credo, la nostra identità. L’interno del castello è immagine di ciò che siamo: le stanze piccole e grandi, i saloni, le scale, i cortili, i corridoi… Sono i nostri mondi interni, sono le emozioni, i sentimenti, la memoria, le conoscenze, le esperienze e molto altro. Se escludiamo di entrare nel castello con un’azione di forza dopo un assedio, è evidente che l’unico modo per entrare e uscire è il ponte levatoio.
- Questa consapevolezza è cruciale, decisiva in relazione al modo con cui l’educatore organizza, predispone, stimola processi di apprendimento e quindi di cambiamento: la leva del ponte levatoio – lo strumento che permette di alzare il ponte e che quindi, fuor di metafora, permette al soggetto di uscire da sé (di far entrare altri nel suo mondo) o di far entrare altri nel suo mondo – è esclusivamente nelle mani del singolo, solo lui/lei può azionare il meccanismo e quindi accogliere le proposte che gli/le vengono fatte, può decidere di uscire da sé per avviarsi su itinerari nuovi.
- Ciò è possibile a condizione che l’adulto abbia creato le condizioni favorevoli (abbia inviato dei messaggi convincenti dal suo castello, compresa la scelta di abbassare per primo la propria leva del ponte levatoio), affinché l’adolescente in difficoltà possa comprendere qualcosa di estremamente importante, qual è il fatto di fidarsi, che ne vale la pena, che la proposta è interessante, che essa lo riguarda e che anche lui può abbassare la famosa leva.

Prof. Franco Santamaria, pedagogista, già docente di Pedagogia della marginalità e della devianza minorile presso l’Università di Trieste. Martedì 29 ottobre ha condotto la seconda serata su La Relazione Educativa e questo breve articolo ne è una sintesi.

Leggi l’articolo successivo

facebookmail