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Jul, 2020
“Per educare un fanciullo ci vuole un intero villaggio” – di Matteo Maria Giordano
Se il Covid-19 ci avesse colti di sorpresa (come ha fatto!) anche solo 7 anni fa, molte delle cose che la tecnologia ci ha permesso di fare oggi, molti degli spazi che è riuscita a colmare e molte delle distanze che è riuscita ad accorciare, non sarebbero state possibili.
Se è vero che il Coronavirus ha messo in evidenza preoccupanti lacune del nostro vivere politico/sociale, in primis nei settori della Sanità e dell’Istruzione, è altrettanto vero che ci ha resi tutti ancor più connessi di prima, attraverso le tecnologie: non c’è stata attività (dallo smart working alla didattica a distanza), relazione (dalla video chiamata ai nonni o agli amici lontani) o intrattenimento (dal tutorial per preparare una torta in casa alle scorpacciate di Tik Tok, Fortnite, film e serie TV su Netflix), che non sia passato attraverso uno schermo.
Questo ci ha ricordato ancor di più quanto la tecnologia abbia una presenza pervasiva in tutti gli aspetti della nostra vita.
Ora, se già era difficile dare delle regole e dei tempi ai nostri figli sull’utilizzo di videogiochi, social network, smartphone, tablet e schermi vari prima del Coronavirus, figuriamoci quanto lo è stato in un periodo caratterizzato dalla quarantena. Sicuramente in molti abbiamo dovuto rivedere alcune regole, anche se ho sempre suggerito ai genitori che ho incontrato di non mollare mai su quelle di base, ovvero quelle 4 o 5 regole che riteniamo non-negoziabili (ad esempio: niente telefono durante i pasti, niente telefono di notte in camera, niente app e videogiochi non adatti per età e contenuti e via dicendo), perché una volta tornati alla “normalità”, sarebbe stato poi molto difficile ripristinare la situazione pre-lockdown.
Con un po’ di fatica, ognuno di noi ha trovato le proprie strategie, più o meno funzionanti. Ma la reale efficacia delle nostre strategie si rileva nella misura in cui quelle strategie sono condivise: in altre parole, non si possono trovare soluzioni individuali a problemi collettivi. E quello dell’uso consapevole delle tecnologie è un problema collettivo. Chi più chi meno, lo dobbiamo affrontare tutti ad un certo punto.
In questa situazione, la vera sfida dell’educazione sta nel recuperare alleanze tra adulti (famiglia-scuola, famiglia-famiglia, famiglia-sport, famiglia-istituzioni, …). Il noto proverbio africano che recita “Per educare un fanciullo ci vuole un intero villaggio” deve essere oggi più che mai il nostro faro: in una società sempre più individualista, che riempie noi e i nostri figli di parole vuote e di modelli costruiti sul niente, dove un like su Instagram diventa la cifra della nostra autostima, il mondo adulto deve alzare gli argini e lo deve fare insieme.
Frasi tipo “Io mio figlio lo educo così e gli altri facciano come vogliono” non hanno molto senso. Perché poi nostro figlio entrerà comunque in relazione con i figli degli altri e se non ci sono delle basi comuni, vincerà il più forte (che non sempre è nostro figlio!). Dobbiamo cominciare ad interessarci di più di ciò che avviene a livello educativo nelle famiglie che frequentano i nostri figli (per amicizia, per fare i compiti, per giocare, …), non per interferire o imporre un nostro modello, bensì per confrontarsi e condividere alcune piccole ma importanti regole grazie alle quali i nostri figli abbiano la percezione che intorno a loro c’è un mondo adulto che sa accettare le sfide di questo tempo, che è coerente, non frammentato, capace di proteggerli e di porgli quei limiti necessari a fargli crescere.
E questo deve avvenire non solo tra famiglie, ma in un vero e proprio patto educativo di comunità dove tutti coloro che sono preposti all’educazione dei più piccoli, si sentano chiamati in solido a contribuire a quell’educazione in una visione di insieme, che è l’unica via possibile per rispondere all’individualismo imperante, allo strapotere dei colossi tecnologici, ai modelli sempre più poveri dal punto di vista valoriale offertici dal main stream televisivo e online.
Abbiamo in mano la sfida delle sfide: portare a compimento il viaggio che porterà i nostri figli ad essere gli uomini e le donne che costruiranno il futuro. Possiamo vincere questa sfida soltanto facendo gioco di squadra.
Matteo Maria Giordano, Media Educator, cura percorsi educativi sull’uso consapevole delle tecnologie a favore di bambini e ragazzi, genitori, insegnanti ed educatori.
Ha svolto per l’Arcobaleno attività formativa interna ai bambini e ai ragazzi e per La Relazione Educativa. Ha partecipato come famiglia affidataria agli incontri periodici di mutuo-aiuto “Famiglie a confronto”. Super visiona alcuni progetti di comunicazione e di raccolta fondi dell’Associazione.