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Dec, 2022

Laboratorio: so-stare in relazione con i figli tra consapevolezza e reciprocità – a cura di Monica Pelloia

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Quando non si è sicuri su come affrontare una determinata situazione con il proprio figlio c’è una cosa che si può sempre fare ed è la migliore di tutte:

non fare altro che esserci per lui cioè stargli vicino.

Stare in relazione con qualcuno significa essere presenti fisicamente, mentalmente ed emotivamente nel momento in cui stiamo con lui, consapevoli che non esiste altro tempo se non quell’istante, il qui e ora, il presente.
Un genitore che si prende cura di sè, che è consapevole delle proprie qualità e capacità, che sta bene nella propria pelle di genitore, nonostante sia occupatissimo, imparerà a cogliere i momenti in cui è importante esserci per il proprio figlio.
L’esserci, lo stare in relazione, sono gli strumenti più potenti che un genitore può mettere in atto per prendersi cura del proprio figlio offrendogli la base sicura, il porto sicuro in cui sentirsi protetto, cioè è al riparo dal male,
compreso, cioè capito, visto, sentito, confortato, cioè non solo quando starà male, sicuro, cioè rassicurato perchè “a casa” nel mondo.
Quando i genitori sono presenti con continuità, cioè in modo prevedibile e affidabile, si forma nella mente del bambino l’aspettativa che il mondo è un luogo che può essere esplorato e compreso,
in cui si possono avere interazioni profonde, persino nei momenti di difficoltà e di sofferenza.
Lo stare in relazione richiede tempo e calma, è necessario fermarsi per ascoltarsi, osservare l’altro e potersi sintonizzare con lui.
La fretta, la velocità del quotidiano, il fare sono ostacoli dello stare e del costruire la relazione.
Stare in relazione per coccolarsi, per soddisfare i bisogni reciproci, per litigare, per divertirsi ma anche per insegnare e reincanalare verso comportamenti più positivi, qualora se ne avverta il bisogno educativo.
Per stare in relazione con il proprio figlio, soprattutto quando si deve ricorrere alla disciplina, è indispensabile sentirsi pronti, cioè essere ricettivi per dargli lo spazio e il tempo di farsi conoscere in ciò che pensa e prova,
nei significati che dà a ciò che fa, per coinvolgerlo attivamente.
Interpretare e giudicare a priori, spinti da reazioni automatiche, rischierebbe di far innalzare fastidiose barriere difensive e bloccare la comunicazione.
La ricettività di un genitore è sinonimo di ascolto, di silenzio, di giusta distanza e permette di riconoscere se anche il figlio sia pronto e motivato a stare in relazione.
La capacità di saper cogliere il momento giusto è la chiave d’accesso efficace per lo stare in relazione con lo scopo di mantenerla e fortificarla.

La relazione genitore-figlio è una relazione dinamica e bi-direzionale in cui entrambi evolvono in virtù degli scambi attivati e dove l’intenzionalità educativa del primo incontra il consenso del secondo.
Il ragazzo cresce perché il genitore cresce: nessuno dei due è concluso, ma sono entrambi in cammino, verso un “non ancora” da conquistare.

Dott.ssa Monica Pelloia, counsellor professionista in ambito educativo e scolastico, formata in scienze e tecniche psicologiche, docente di scuola secondaria di primo grado.

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