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Apr, 2020

Pensieri sparsi in quarantena – la lettura di A.C., psicologo e psicoterapeuta

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E così il buon Anese mi ha incastrato.
Mi chiedono di scrivere qualcosa di adatto al momento, qualcosa sulla paura, l’isolamento e la reazione di bambini ed adulti.
Nicchio un po’, cerco delle buone scuse per evitare il problema, non accetterò la proposta, dopotutto io non scrivo mai, devono costringermi a farlo con scadenze o ultimatum burocratico amministrativi e anche lì cerco delle scappatoie.

Poi mentre sto facendo altro (la colazione), improvvisamente, mi viene in mente il terribile senso di fastidio che provavo quando mi davano dei temi alle scuole medie, quelli con la famigerata traccia, quella che spesso facevi fatica ad interpretare e che rischiava di essere più lunga del tema stesso.
Ricordo male o la traccia diventava più lunga e soffocante man mano che crescevo? La sensazione era che il professore o la professoressa (più spesso) volessero delle risposte esatte ad una domanda; loro sapevano esattamente quello che io avrei dovuto scrivere e tanto più trovavo il modo di avvicinarmi, tanto più sarei stato premiato. Che incredibile capacità di adattamento si impara a scuola!

Bene, come al solito vado fuori tema, sono giorni strani e capita un po’ di più di perdersi nei pensieri, torniamo alla colazione.
Poi capisco dove la mia testa voleva andare a parare. Siamo improvvisamente costretti in una traccia che qualcun altro ha deciso per noi e se non la rispettiamo saranno guai. Visto dal punto di vista di un bambino la differenza tra un insegnante, un genitore arrabbiato un giudice o un rappresentante delle forze dell’ordine talvolta è minima e … quando il gioco si fa duro … tutti torniamo un po’ bambini. Sei stato cattivo! Vai da solo in camera tua e non tornare finché non sei pentito. Esci da questa classe! Ti chiudo in collegio! Finirai in prigione! Azkaban! I dissennatori!
Mi sono sempre divertito con le catene di associazioni, sai dove inizi e non sai dove finirai, ma puoi cercare il denominatore comune.
Isolamento, colpa, paura queste sono le parole chiave.

Man mano che si cresce c’è questa sensazione sempre più rilevante di perdere libertà, invece di guadagnarla, ci si guarda indietro con nostalgia, quasi con invidia, verso un’età dell’oro dove tutto era possibile e invece, adesso crescono i limiti, le responsabilità, i doveri.
Curioso questo mondo alla rovescia dove la realtà non è quella dei ragazzini che dichiarano che quando finalmente avranno diciotto anni potranno fare tutto quello che vogliono, ma quella degli adulti che vorrebbero essere liberi come un bambino, probabilmente entrambi faticano a sopportare qualcuno che dice loro cosa fare poi però, se si conquista un po’ di libertà ci si sente in colpa, perché in fondo non è molto educato essere liberi.

La traccia! Qual’era la traccia? Forse dovrei spiegare che nei momenti di difficoltà tutti grattiamo il fondo del barile e quindi andiamo a smuovere quello che sul fondo è depositato: l’infanzia con i suoi bisogni di vicinanza, di contenimento, di amore, di sicurezza e con le sue paure di solitudine, abbandono, catastrofi.
E quindi? Quindi gli adulti sopportano peggio dei bambini la quarantena perché non si ricordano più come si gioca, come si crea un mondo sotto ad un tavolo con una coperta e si sentono costretti, limitati, incastrati e allora vogliono evadere, scoppiano, o implodono per l’ansia.

I bambini invece continuano a fare i bambini perché non è più di tanto lo spazio che li definisce e possono essere liberi in pochissimi metri quadri, in fondo ci riescono anche da seduti su di un banco e allora giocano, litigano, immaginano e soprattutto si annoiano attività chissà perché così temuta eppure fondamentale per la crescita.
Già mi immagino l’obiezione: tutti i bambini? Tutti gli adulti? No.
Cercate una risposta, una regola e allora non fate domande a me perché ho sempre avuto la tendenza ad andare fuori tema.

Pensieri sparsi in quarantena

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