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Jul, 2020
#iorestoinarcobaleno
#Iorestoacasa è stato il messaggio che ha imperato durante l’emergenza sanitaria.
Ma per noi l’hashtag diventato virale in quei giorni è stato #iorestoinarcobaleno.
La vita in comunità non si è fermata, ci siamo solo “reinventati“ in un momento dove davvero i giorni sembravano non avere più confine con i ragazzi privati improvvisamente delle loro tipiche abitudini e, come tutti i bambini e i ragazzi d’Italia, della scuola.
Ma noi, con loro, abbiamo cercato di mantenere la nostra quotidianità in modo semplice, ma con nuove modalità di apprendimento e socializzazione.
È stato strano non svegliarsi presto al mattino e non potersi sedere sui banchi di scuola, però dopo una buona colazione tutti insieme, ognuno ha comunque scelto “il suo posto” per dedicarsi al nuovo studio a distanza. Questo tipo di didattica è stato sicuramente un metodo innovativo e ha richiesto a tutti, educatori e ragazzi, adattamento nel capire le nuove richieste e nuove competenze per orientarsi e utilizzare gli strumenti.
E allora la giornata prendeva il via con l’arrivo di compiti, consegne, giudizi, messaggi di incoraggiamento.
Soltanto una corsa alla ricerca di un quaderno lasciato nell’armadio o di un libro che poi si è scoperto essere stato dimenticato a scuola, che tutti eravamo pronti, ragazzi ed educatori, a seguire le video lezioni o a svolgere le consegne, cercando il più possibile di metterci l’impegno richiesto per imparare anche da lontano.
La scuola è il primo luogo di socializzazione. La mancanza dei compagni si è sempre molto sentita come il desiderio e la necessità di sentirsi ancora parte di un gruppo. Abbiamo sempre cercato di mantenere i contatti con gli amici più vicini per un saluto, per raccontarsi e scambiarsi un sorriso.
E dopo lo studio arrivava il momento dello svago. I nostri ragazzi hanno la fortuna di avere uno spazio verde dove poter correre, fare lunghe partite a pallone, prendersi cura della casa e aiutare nel giardinaggio. Ci si liberava la mente, ci si distraeva, si sentiva meno il peso di essere costretti a casa, diversamente da altri giovani che probabilmente non hanno avuto la stessa possibilità.
Il riso, il gioco, le nuove invenzioni e come sempre, non mancava chi le combinava di tutti i colori e così si litigava per poi riappacificarsi.
La sera è il momento del riposo, delle attività rilassanti, come guardarsi un bel film tutti insieme e trascorrere una serata raccontandosi la giornata appena trascorsa.
La sera però è anche il momento delle nostalgie. Ci sono sempre dei volti rattristati, stanchi o soprattutto desiderosi di sentire mamma e papà.
Si, perché questa emergenza ha sospeso le visite con le famiglie e per i ragazzi la distanza è amplificata proprio quando il pensiero va a loro e noi educatori cerchiamo di trasmettere loro tutta la sicurezza possibile.
Tutto questo per noi è quotidianità.
E, nonostante le difficoltà ad orientarci in questa nuova didattica o a mantenere la distanza in un lavoro che prevede vicinanza, abbiamo continuato e continuiamo con passione ad accompagnare questi ragazzi perché crediamo in quello che facciamo.
Abbiamo scelto di esserci perché, nonostante il tempo si dilati, sappiamo che c’è un futuro che ci attende.
Carla Taffarel, educatrice