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Jul, 2024

Conoscere l’importanza di crescere bilingue – dott.ssa Giulia Gasparotto

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Lo scorso dicembre le dott.sse Elena Barreca e Giulia Gasparotto hanno tenuto una mattinata di formazione rivolto ai dipendenti delle Associazioni L’Arcobaleno e Il Noce, in particolare agli/alle educatori/educatrici. L’argomento della formazione era Il bilinguismo e la sua preziosità per lo sviluppo del bambino, come valorizzarlo e come trasmettere l’importanza di crescere bilingue alle famiglie che entrano in contatto con le associazioni. Fil rouge sono stati i contributi di “Bilingualism Matters” e “PEaCH”. Si tratta di iniziative che si occupano di fornire informazioni e fare ricerca al fine di consigliare e sostenere famiglie che crescono bambini multilingue ed educatori che ne entrano in contatto. Un contributo molto significativo è la Guida PEaCH. Questa è stata largamente presentata, nella versione per educatori, durante la formazione svolta. La formazione, quindi, tramite la presentazione della Guida PEaCH e di altri contenuti, ha permesso ai partecipanti di prendere consapevolezza delle diverse tipologie di bilinguismo e, soprattutto, di come questo determini benefici nell’ intero arco di vita delle persone.

Il bilinguismo è un ambito che coinvolge diverse discipline dalla linguistica alle scienze cognitive, dallo studio dello sviluppo del bambino a quello dell’invecchiamento. L’eterogeneità delle caratteristiche del bilinguismo rende difficile avere una definizione univoca. Si va da chi considera bilingue colui che conosce e usa due lingue allo stesso modo (bilinguismo bilanciato), a chi pensa invece sia necessario essere stati esposti ai due idiomi fin dalla nascita (bilinguismo precoce) o infine, chi ritiene che conoscere alcune parole in una lingua e usarla sporadicamente sia sufficiente per essere bilingui (bilinguismo sbilanciato). Di fatto, il bilinguismo è un continuum e quindi ne comprende diverse sfumature.

I corsi di laurea in professioni sanitarie spesso prevedono poche ore di lezione dedicate a questo tema che, tuttavia, chi ha a che fare con bambini e famiglie incontra quotidianamente. L’ultimo rapporto ISTAT (2018) stima che nelle scuole italiane il 9,4% degli studenti ha cittadinanza non italiana; solitamente quindi sono figli di genitori che a casa parlano una o più lingue diverse dall’italiano. È quindi di fondamentale importanza che nelle scuole, negli ambienti educativi e di riabilitazione si fornisca una prospettiva univoca e corretta rispetto al valore del crescere bambini bilingui. Fin dai primi anni di vita i bambini bi/plurilingui mostrano una maggior consapevolezza del funzionamento del linguaggio (come mezzo di comunicazione), un vantaggio nelle funzioni esecutive e nello sviluppo più precoce della capacità di prevedere il comportamento altrui legato alla comprensione di intenzioni, emozioni, desideri credenze (Teoria della Mente). Non solo, il vantaggio cognitivo guadagnato si mantiene per tutto l’arco di vita e torna utile in caso di danno alle aree linguistiche o di decadimento cognitivo.

La formazione tenuta all’Arcobaleno ha toccato il presunto rapporto tra bilinguismo e disturbo del linguaggio e disturbi degli apprendimenti. Infatti, è stato ritenuto utile sfatare il falso mito che il bilinguismo faciliti l’insorgenza di disturbi del linguaggio o degli apprendimenti. Se l’esposizione è adeguata in entrambe le lingue, le tappe dello sviluppo, in entrambe, tendono ad essere in linea con quelle osservate nei bambini monolingui. Nel caso di bi-/plurilinguismo può capitare che i bambini sviluppino le abilità linguistiche dei due idiomi in modo sbilanciato (più competente in una lingua e meno nell’altra). Questo dipende soprattutto dal tempo di esposizione ai due (o più) idiomi, ovvero dai momenti in cui il bambino sente parlare e parla ciascuna lingua. Tuttavia, queste differenze non devono scoraggiare i genitori dal parlare la loro lingua madre perché questo sarebbe un danno per il bambino. Innanzitutto perché perderebbe l’apprendimento della lingua che ha raggiunto fino a quel momento. Inoltre, la lingua madre è quella in cui i genitori riescono a trasmettere emozioni e affetti (e anche rimproveri efficaci). Infine, il bambino deve ricevere un input linguistico di qualità, cioè proveniente da parlanti nativi (quindi è più arricchente se il genitore parla la propria lingua e non quella che ha appreso negli ultimi anni). Non si dovrebbe mai chiedere (eccetto per gravi deficit cognitivi o gravi difficoltà di comprensione) a un genitore di non parlare al figlio nella propria lingua madre. Infatti, anche i bambini con difficoltà sono in grado di apprendere due lingue. Piuttosto, è utile analizzare i momenti, i contesti, la qualità dello stimolo linguistico offerto per ottenere un bilanciamento delle lingue a cui è esposto il bambino.
I parlanti bilingui mantengono tempi di apprendimento della lettura e della scrittura pressoché sovrapponibili a quelli dei monolingui. Le difficoltà riscontrate nei bilingui (ad es. lentezza ed errori nella lettura oppure errori di ortografia) sono spesso legate a scarsa/insufficiente esposizione alla lingua. Infatti, esistono diversi registri linguistici: c’è quello formale della scuola e quello informale che corrisponde alla lingua parlata a casa. Quindi, per padroneggiare bene una lingua il parlante deve aver passato diverso tempo a contatto con parlanti madrelingua in entrambi i contesti di esposizione (formale e informale). In particolare, il livello linguistico (Cognitive Academic Language Proficiency -CALP) necessario per imparare le nozioni scolastiche richiede dai cinque ai sette anni di esposizione alla lingua.

In conclusione, come dice il “Piccolo Manifesto della Lingua Madre”, l’acquisizione e la pratica della lingua madre non ostacolano l’acquisizione e l’apprendimento di altre lingue. La lingua madre è un ponte tra generazioni e culture, è una risorsa e una buona competenza in questa lingua sostiene l’alfabetizzazione e l’autostima e si “trasferisce” anche nell’altra lingua.

Per approfondire
https://bilingualfamily.eu/it/risorse-per-educatori-e-ambasciatori-peach/ (guida PEaCH)
Favaro, G. (2016). L’italiano che include: la lingua per non essere stranieri. Attenzioni e proposte per un progetto di formazione linguistica nel tempo della pluralità. Italiano LinguaDue, 8(1), 1-12.
Giornelli G., Maioli A., 2003. Educazione linguistica interculturale, esplorare le basi della comunicazione non verbale, orale e scritta, Trento, Erickson
Garraffa, M., Sorace, A., & Vender, M. (2020). Il cervello bilingue. LE BUSSOLE, 1-144.
Identità e percorsi di integrazione delle seconde generazioni in Italia, (2020) ISTAT.
LINGUE DI MINORANZA A SCUOLA, Seminario Nazionale nel ventennale della Legge 482/1999. (2019). MIUR.
Liverani, P. (2020). Crescere bilingue, efficacia e strategia educativa per genitori, Armando editore.
Michielin, D. (2017). L’universo bilingue. Mente & Cervello, 148.
Peloso, A. (2006). L’adattamento dei programmi nella scuola media e superiore in presenza di alunni stranieri.
Vender, M., Guasti, M. T., Garraffa, M., & Sorace, A. (2012). Bilinguismo precoce e Disturbo Specifico del Linguaggio. Somiglianze e differenze. URL http://www. bilinguismoconta. it/wpcontent/uploads/2012/07/studi-aitla_31. Pdf (2018-06-23).

Dott.ssa Giulia Gasparotto
SC Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza; Azienda sanitaria “Friuli Occidentale”.
Laboratorio di Neuroscienze Cognitive, Università di Udine.

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