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Dec, 2021
Frammenti di preadolescenza in periodo covid – Riflessioni psicoeducative
Con la ripartenza delle lezioni in presenza nel mese di settembre 2020, i vari interlocutori della società si erano allineati nell’interpretare la ripresa delle lezioni per bambini e ragazzi come un evento ad alto valore simbolico, che potesse trasmettere, alla comunità ※allargata”, un senso di ritorno alla normalità, o meglio di ripresa della normalità così come era stata desiderata a gran voce durante i periodi del primo lockdown tra marzo e maggio 2020. L’atmosfera all’interno degli Istituti Scolastici era carica di voglia di ricominciare le lezioni in classe, sia per loro indubbia maggiore idoneità di luogo di apprendimento rispetto all’ambiente virtuale, sia per la sua “riscoperta” importanza da parte della società, della sua funzione di contesto privilegiato di nascita e sviluppo di reti sociali per minori e adulti.
Sulla scia di un atteggiamento ottimista ma realistico, le istituzioni scolastiche ed il Servizio Sociale dei Comuni Sile e Meduna hanno rafforzato la loro alleanza socio-educativa al fine di monitorare la condizione socio emotiva delle famiglie e dei minori, consapevoli, da una parte che per alcuni nuclei perduravano ancora gli effetti del primo lockdown e, dall’altra, che i mesi successivi sarebbero stati delicati a causa delle preannunciate “ondate di contagi” all’orizzonte e delle misure di prevenzione ancora attive (distanziamento e DPI).
A partire dal mese di settembre 2020 al mese di giugno 2021 le scuole dei vari ordine e gradi hanno sperimentato chiusure in ordine sparso connesse all’individuazione di focolai, un ritorno generalizzato alla DaD nel marzo 2021 (successivamente alla colorazione rossa di tutta la penisola) e la gestione delle casistiche covid dei nuclei familiari degli studenti e degli insegnanti.
In questi mesi le attività del Servizio Sociale hanno perseguito il duplice obbiettivo:
- sostegno alla comunità scolastica attraverso formazione e colloqui educativi con genitori ed insegnanti;
- attivazione di percorsi laboratoriali nei gruppi classe.
In particolare questa seconda azione ha permesso agli operatori di sondare direttamente il benessere psicologico e relazionale dei ragazzi, nonché approfondire lo stato di bisogno di molti di loro (e conseguentemente delle loro famiglie) con la successiva opportunità di validare, normalizzare, rielaborare ed esprimere a livello di gruppo di pari, emozioni sospese ed impegnative.
La raccolta delle verbalizzazioni dei ragazzi ha quindi permesso di inquadrare alcuni temi emotivi, trasversali alla fascia d’età 11-14 così categorizzabili:
- perdita della qualità delle relazioni (in presenza) con figure familiari per loro significative, in particolare quella dei nonni. In quei lunghi mesi l’attenzione alle raccomandazioni igieniche relative al virus rivolte a tutta la popolazione (anche alle fasce più giovani) sembra aver indotto un’amplificazione del normale (e sopportabile) senso di responsabilità rispetto al rischio di essere l’agente di trasmissione del virus, portando i ragazzi a vivere una tensione interna derivante dal desiderio di vivere un rapporto affettivo libero con i nonni (o altri parenti “fragili”) e dal timore di essere causa di contagio.
- ansia, stato di vigilanza legate alla possibilità di essere agenti di trasmissione per i compagni; accanto alla paura di infettare i propri nonni ( e quindi figure amate e fragili) un altro pensiero fonte di preoccupazione (e legato ad alti stati di allerta ) è la possibilità di essere la causa del contagio dei propri compagni di classe (e dei rispettivi familiari). Preoccupazione, questa, il più delle volte infondata ma rinforzata continuamente dalle assenze dei compagni in classe per positività ai tamponi o in isolamento domiciliare.
- l’importante senso di solitudine vissuto durante i periodi di DaD e di isolamento a casa; è interessante evidenziare come molti ragazzi abbiano indicato come maggiormente angosciante il periodo di isolamento individuale rispetto ai lockdown collettivi. Nonostante, da un punto di vista esterno, si possa percepire uno shut down (spegnimento) generale come sicuramente più impattante per la società intera, attraverso gli occhi di un ragazzino l’idea che lui debba stare a casa assieme a tutti i suoi compagni appare maggiormente sopportabile rispetto a quella di essere lui l’unico a casa mentre i compagni sono in presenza, (spesso senza un termine preciso di fine isolamento) a cui seguivano stati di sconforto, disperazione e rabbia intensi. In generale, le modalità organizzative ed educative con le quali ragazzi e famiglie hanno gestito i lockdown e gli eventuali stati di isolamento successivi sono state decisamente le più diversificate con vari livelli di “efficacia” (svolgimento di attività familiari condivise, investimento in hobby o supporto di una rete sociale di appoggio); tuttavia, emerge l’impressione che i minori con reti amicali più povere e superficiali siano stati quelli maggiormente penalizzati nel corso di questo periodo.
- la perdita di molti momenti “speciali” ed “intimi” con gli amici; nonostante l’utilizzo degli strumenti digitali a fini di relazione, il dispiacere emerso ha riguardato la perdita di una libertà di contatto fisico “spensierato” e di uno spazio riservato nel quale interagire senza avere il bisogno di nascondersi (anche con il cellulare a casa).
- l’impossibilità di spostarsi, per andare a trovare parenti ed amici di famiglia, soprattutto in riferimento ai periodi maggiormente restrittivi; alcuni ragazzini hanno descritto il sostanziale dispiacere di non poter muoversi liberamente assieme ai propri genitori fuori dal comune di residenza e quindi anche all’estero (molti minori stranieri hanno esplicitato di non vedere da molti mesi i propri parenti residenti nei paesi di origine e di non sapere quando li avrebbero potuti riabbracciare).
- difficoltà di concentrazione sia durante i periodi di DaD, sia durante la didattica in presenza. Anche per i ragazzini maggiormente competenti da un punto di vista scolastico, lo studio si è fatto più faticoso e meno gratificante. Probabilmente se da un lato le attività scolastiche “cognitivamente impegnative” hanno comunque mantenuto uno stato di impegno mentale nei giovani, dall’altro la comunità dei ragazzi si è trovata senza tutte quelle attività di compensazione dello stress (sport ed interessi extrascolastici in generale) che permettono di mantenere un equilibrio psicologico.
In concomitanza alle difficoltà sopracitate, molti ragazzini hanno comunque mobilitato tutta una serie di strategie di problem solving o regolazione emotiva (sia interna che esterna) non sempre “salutari” da un punto di vista psicologico ma comunque soggettivamente efficaci. Si elenca qualche attività riportata dai ragazzi: passeggiate all’aperto con i familiari e qualche amico/vicino di casa, ascoltare musica, fare telefonate o videochiamate, cucinare, leggere, mangiare, guardare serie tv, ballare o cantare sui video di youtube, suonare uno strumento etc..
Due strategie riportate sicuramente utili e salutari anche da un punto della maturazione psicologica preadolescenziale riguardavano il “tenere un diario” nel quale scrivere pensieri ed esperienze emozionali della giornata (appannaggio esclusivo delle ragazze) e la ricerca di un dialogo con i genitori per trovare sicurezza e conforto (non tutti ne hanno parlato durante le discussioni di gruppo, probabilmente per imbarazzo).
Sul versante delle abitudini rischiose, in particolare si segnala la fruizione intensa di videogiochi; con le sue proprietà di distrattore emotivo e rinforzo dei centri del piacere, molti minori senza un’attenta supervisione parentale hanno aumentato le ore di fronte allo schermo (anche 7-8 ore).
In conclusione nonostante la specifica fascia d’età 11-14 presenti elementi di grande resilienza personale (come la spinta evolutiva al perseguimento di un’immagine positiva di sé), questo particolare periodo ha compromesso (tra i vari aspetti) maggiormente il perseguimento di:
1) una socialità informale e spensierata con i pari
2) la conquista di maggiori spazi di indipendenza dalla famiglia, considerata l’incompatibilità di processo tra distacco (per differenziarsi) dalle figure familiare ed una quotidianità di spazi e tempi spesso condivisi con mamma e papà.
Dott. Cristian Bumbalo
Operatore del Monitor Servizio Sociale Sile e Meduna